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SONETTO XCIV


S
e ben a tante gloriose e chiare

     Doti di quello invitto animo altiero
     Volgo la mente ognor, fermo il pensiero,
     Non fur l’altre di fuor men belle e rare. 4
Pur perchè quelle son, queste n’appare,
     Che sian più grate, il casto nostro e vero
     Parrebbe fusse Amor falso e leggiero,
     Se non fusser l’interne al cor più care. 8
Ma quanto mai di buon visse fra noi,
     Quanto di bel per occhio uman si scorse,
     Anzi la virtù vera, e la beltade; 11
In lui rifulse sì, che tutti voi,
     Che lo miraste, or più vivete in forse,
     S’ebbe tal gloria la più chiara etade. 14

——

SONETTO XCV


L
a mia divina luce, e doppia scorta

     Dell’alma in questa, ed in quell’altra vita,
     Qui con l’esempio al vero onor m’invita,
     E là col bel pensier sempre la porta. 4
All’una, e l’altra gloria apre la porta,
     E se dai passi miei fosse seguita,
     Io goderei là su quell’infinita,
     E questa al fin mortal saria men corta. 8
S’ella scorgeva un intelletto uguale
     Al lume suo, l’avria condotto in parte,
     Che saria là beata, e quà felice. 11
Ma ’l Ciel sì largamente non comparte
     Le grazie sue, nè al mio ’mperfetto lice
     Aver per guida un Sol, per volar l’ale. 14