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miottino color di rosa, il quale ebbe l’onore di ballare al cospetto di tutti i regnanti, nonchè, viceversa, delle principali Corti del genuino (voleva dir gemino) emisfero. Il mio scimmiottino, balla, canta suona e fa mille altre scioccherie, come potrebbe farle un uomo o qualunque altra bestia ragionevole. Avanti, avanti, signori! La spesa è piccola, e il divertimento è grande. ―
Dopo questa parlantina calorosa, ebbe principio lo spettacolo dinanzi a un pubblico numerosissimo, e, come si suol dire, molto scelto e intelligente. Il nostro amico Pipì non solo piacque, ma fece furore: tant’è vero, che gli spettatori, a furia di urlare e di gridar bravo, erano rimasti fiochi e senza voce.
Dopo finito lo spettacolo e sfollata la gente, che si accalcava d’intorno, Golasecca sentì toccarsi in un braccio; e voltandosi burbanzosamente, si trovò dinanzi un bel giovinetto, in abito di viaggiatore, che gli domandò con graziosa maniera:
― È vostro quello scimmiottino?
― È mio!... pur troppo è mio!
― Volete venderlo?
― Magari! Con tutto il cuore!
― Quanto ne volete?
― Mille lire; e se vi pare un prezzo capriccioso, sono qui per accomodarmi.
― Eccovi mille lire, e lo scimmiottino è mio. ―
Quando il giovinetto ebbe pagato, si volse allo scimmiottino dicendogli:
― Non mi riconosci più?
― Altro se vi riconosco, mio caro signor Alfredo!... Vi riconosco, e vi voglio sempre un gran bene. —