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Poche ore dopo, neanche a farlo apposta, la pioggia cessò e venne fuori un bellissimo sole.

Ma quando gli scimmiotti si accorsero che il sole scottava troppo, chiamarono le fanfare; e recatisi dinanzi al palazzo dell’imperatore, presero a gridare:

― Vogliamo l’acqua! Vogliamo la pioggia! ―

Pipì, annoiato da questa storia, aveva fatto giuro di non affacciarsi: ma poi sentendo che gli urli raddoppiavano sempre più, cacciò fuori il capo e disse:

― Volete proprio la pioggia?

― Sì, sì! Vogliamo la pioggia, se no, abbasso l’imperatore!

― Aspettatemi allora costì, e fra un minuto vi manderò la pioggia desiderata. ―

A queste parole tenne dietro un gran battio di mani e il suono della marcia imperiale.

Detto fatto, dopo pochi minuti, Pipì si affacciò novamente al balcone, gridando:

― Eccovi la pioggia; e chi ne vuol di più, se la vada a prendere alla fontana! E nel dir così, rovesciò sul capo dei dimostranti una gran catinella piena d’acqua.

Impossibile immaginarsi il tumulto che ne avvenne. Il palazzo fu invaso e preso d’assalto. Si cercò l’imperatore per tutte le stanze, ma non si riuscì a trovarlo. Che cosa rimaneva da fare? Non trovando l’imperatore, la folla dove contentarsi di bastonare il gran cerimoniere. E sempre così! Nelle cose di questo mondo ne soffre sempre il giusto per il peccatore!

Intanto Pipì, scappato di nascosto da una porticciola segreta, che restava dietro il palazzo, si era dato a correre per le viottole della boscaglia, come se avesse avuto le