Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
― 75 ― |
Scese quindi al pianterreno e aprì la porta dell’osteria.
Golasecca, che aveva ripresa la statura d’un uomo comune, entrò dentro scotendosi i panni che gocciolavano; e postosi a sedere dinanzi a una tavola apparecchiata, domandò all’oste:
― Che cosa mi dài per cena?
― Tutto quello che desidera Vostra Signoria. Non deve far altro che comandare.
― Che cosa c’è di carne?
― Nulla di carne.
― E di formaggio?
― Nulla di formaggio.
― E di pane?
― Nulla di pane.
― Che cosa posso dunque mangiare? ― domandò l’assassino, tentennando il capo e cominciando a perdere la pazienza.
― Se Vostra Signoria desidera delle frutta.....
― Che cos’hai di frutta?
― Ciliege, mandorle e pèsche.
― Dammi un bel piatto di pèsche.
― E a me, un bel piatto di ciliege ― disse una vocina, che uscì dalle tasche del vestito di Golasecca.
― Chi è che mi ha chiesto le ciliege? ― balbettò l’oste, tutto impaurito e maravigliato.
― Sono io ― rispose la solita vocina.
― Non dubitare, ― interruppe Golasecca, digrignando i denti ― non dubitare, Pipì, che le ciliege te le darò io.... e ti darò qualcos’altro! A buon conto, esci subito fuori, e facciamo i nostri conti. ―
Così dicendo, il capo-masnada sbottonò la tasca della