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dir la verità, non mancavano mai di fare un po’ di elemosina al povero vecchio.
E anche Pipì lo soccorreva frequentemente: ma quella birba, spesso e volentieri, invece di dargli o una frutta o un pesciolino morto, si divertiva a mettergli in bocca ora una manciata di sassolini, ora un fastello di stecchi e di ortica, ora un chiodo o un arpione arrugginito, trovati per caso lungo la strada.
Ma il vecchio coccodrillo non si arrabbiava per questi scherzi sguaiati. Tutt’altro!
Risputava tranquillamente i sassolini, gli stecchi, le ortiche e i chiodi, e soltanto scoteva leggermente il capo, come per dire:
— Bada, monello! O prima o poi, una le paga tutte!... —
Un giorno Pipì, quasi impermalito di vedere che i suoi scherzi non facevano nè caldo nè freddo, domandò al coccodrillo, atteggiandosi a ingenuo e a innocentino:
— Dite, Arabà; dacchè siete al mondo, ne avete trovati mai degl’impertinenti, che vi abbiano fatto qualche dispetto o qualche burla sgarbata?
— Se ne ho trovati, scimmiottino mio! Nel mondo, per tua regola, c’è più impertinenti che mosche.
— Dite, Arabȧ: e quando i monelli vi fanno qualche dispetto, voi non vi risentite mai?
— Caro mio! In tanti anni di vita ho imparato che la più gran virtù dei vecchi è quella di saper sopportare i giovani con pazienza e rassegnazione.
— Dunque, dacchè siete al mondo, non vi siete arrabbiato mai, mai, mai?
Il coccodrillo, prima di rispondere, ci pensò un poco, e poi disse: