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con che occhi d’invidia mi guarderebbero i miei quattro fratelli!
Mentre allo scimmiottino frullavano per il capo queste bellissime cose, ecco che il giovinetto, un po’ per la stanchezza e un po’ per il gran bollore della giornata, lasciò andare due sonori sbadigli, e posata la sua pipa sull’erba, si addormentò.
Che cosa fece allora quel birichino di Pipì?
Si avvicinò pian pianino, in punta di piedi, al giovinetto che dormiva; e rattenendo perfino il fiato, allungò adagino adagino una zampa, prese con una velocità incredibile la pipa che era posata sull’erba, e poi, via a gambe come il vento.
Appena arrivato a casa, chiamò subito, tutt’allegro, il babbo, la mamma e i fratelli; e in presenza a loro, infilatosi quel pipone fra i labbri, cominciò a fumare con lo stesso garbo e con la stessa disinvoltura, come avrebbe fatto un vecchio marinaio.
La mamma e i fratelli, a vedergli uscir di bocca quelle nuvole di fumo, ridevano come matti: ma il suo babbo, che era uno scimmione pieno di giudizio e di esperienza di mondo, gli disse in tono di avvertimento salutare:
― Bada, Pipì! A furia di scimmiottare gli uomini, un giorno o l’altro diventerai un uomo anche tu.... e allora! Allora te ne pentirai amaramente, ma sarà troppo tardi! ―
Impensierito da queste parole, Pipì gettò via la pipa di bocca e non fumò più.
Eppure bisogna convenire che quella pipa rubata gli portò disgrazia.
Difatti, pochi giorni dopo, Pipì venne colpito da un