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― Dice che i sigari sono la peste del genere umano e la sorgente di tutti i malanni che vengono sulla lingua, in gola e in fondo allo stomaco.
― Grullerie. Ti pare che se i sigari facessero male davvero, il governo li lascerebbe vendere in tutte le botteghe?
― Scusi: e lei, che fuma?
― Altro se fumo! ―
Gigino, dicendo così, diceva al solito una grossa bugia, perchè fino a quel giorno non aveva fumato mai.
― E il sigaro non gli guasta l’appetito?
― Guastarmi l’appetito? a me? Per tua regola ho una salute di bronzo, e quando ho fumato un mazzo di sigari, sto meglio di prima. E tu, Cecco, sei fumatore?
― Vorrei vedere anche questa! - gridò la Betta inviperita, alzandosi in piedi e puntando le mani sulla tavola.
― Io ― rispose il ragazzo ridendo ― fumo qualche volta: ma fumo i sigari di cioccolata....
― Ti compatisco! ― disse Gigino. — Sei ancora troppo ragazzo per i nostri sigari.... Mi vuoi dare un fiammifero acceso?
― Volentieri. ―
Cecco accese un fiammifero di legno e lo presentò al padroncino; il quale, trovandosi ormai all’impegno, si armò di un coraggio da leoni, e ficcatosi mezzo sigaro fra le labbra, cominciò a fumarlo.
Tutti, com’è naturale, lo guardavano con maraviglia, come si guarderebbe una bestia rara: quand’ecco il bambinetto chiamato Formicola, che voltandosi alla mamma, disse con una vocina piagnucolosa:
― Mamma, lo fai smettere il sor Gigino?