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― Perchè è una bestia, con la quale non si può ragionare.
― Mi conduci a vederlo?
― La si figuri! ―
I due ragazzi, senza far altre parole, si alzarono dalla panchina dove stavano seduti e si avviarono verso la stalla. Giunti alla porta, Gigino disse a Cecco:
― Mena fuori il matto! ―
Cecco ubbidì.
Quando Gigino ebbe visto l’animale, disse scrollando il capo in atto di compassione:
― Questo, caro mio, non è un cavallo: questa è una pecora.
― Eppure scommetto che lei....
― Io?... Io per tua regola ho cavalcato certi cavalli, che tu non te li sogni nemmeno. —
Si capisce bene che Gigino, parlando così, diceva un sacco di bugie; ma le diceva per la sua solita smania di farsi credere un giovinotto.
― Vuol provare a montarci sopra, a bisdosso?
― A bisdosso? cioè?
― Vale a dire, senza sella.
― Volentieri. Va’ a prendermi una sedia.
― Che cosa ne vuol fare?
― Ora lo vedrai.
― Ma che un cavallerizzo, come lei, ha bisogno della sedia? Io, quando voglio montare a cavallo, mi attacco ai peli della criniera, spicco un bel salto, e in men che si dice, mi trovo con una gamba di qui e una di là....
― Ognuno ha le sue opinioni: io, senza una sedia, non posso montare a cavallo. ―