Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 21 — |
― È lo stesso che sia morto, perchè il padrone l’ha venduto.
― E quando lo ricomprate il cavallo?
― Il cavallo ce l’abbiamo, ma sarebbe quasi meglio di non averlo. Di quei cavallacci cattivi!... La si figuri, che a fargli una carezza, abbassa subito gli orecchi e mette fuori certi dentoni, che paiono manichi di coltello.
― E corre dimolto?
― Gli è uno scappatore peggio di un barbero. Se l’avessi a montar io!... Neanche se mi ci cucissero sopra con lo spago.
― Non ti vergogni a esser tanto pauroso?
― No.
― Hai torto: un ragazzo della tua età dovrebbe avere molto più coraggio....
― Lo so anch’io; ma per aver coraggio, bisognerebbe non aver paura.
― Quando avevo la tua età, non c’era cavallo che mi mettesse in soggezione: anzi, quanto più erano scappatori e focosi, e più ci avevo piacere.
― Mi levi una curiosità, ― rispose Cecco, guardando il padroncino con un’aria un po’ canzonatoria ― che ne ha montati dimolti lei dei cavalli?
― Te lo lascio immaginare!...
― Per esempio.... quanti?
― Ci vorrebb’altro a contarli tutti!...
― Dunque lei monterebbe anche il Matto?
― Chi è il matto?
― Gli è appunto quel cavallaccio, che abbiamo nella stalla.
— E perché lo chiamate il matto?