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― E poi di nascosto si riportano questi cenci nella cassapanca dello zio....

― E poi si fa colazione come tutte le altre mattine....

― E poi si va a scuola....

― E i libri?...

― Si dice alla mamma che li abbiamo perduti....

― E così di questa brutta nottata, che c’è toccato a passare....

― Nessuno ne saprà nulla....

― Nemmeno la mamma.

Con questi e con altri discorsi, si trovarono quasi senza avvedersene davanti alla porta di casa.

Ma sugli scalini della porta c’era seduto.... indovinate chi?

C’era seduto il diavolo, quel diavolo, loro accanito persecutore.

― Chiù-chiù! dove andate? ― domandò l’omo nero.

― Si vorrebbe andare in casa.

― Di qui non si passa.

― Scusi, sor diavolo, ― disse Pierino ― ma queste non sono azioni da persone di garbo.

― Se volete passare, pagate il dazio.

― Ma che dazio! La si figuri che in tutt’e tre, non abbiamo un centesimo.

― Chiù-chiù! Mi contenterò di questo spillone d’oro. ―

E nel dir così, il diavolo prese un bello spillone che Pierino teneva appuntato sul petto.

― La mi renda lo spillone! ― gridò il ragazzo. ― Lo spillone non è mio, e lo voglio rendere alla mamma....

― Lascia correre, Pierino, se no ci rovini tutti! ― dissero i suoi fratelli.