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— O per chi l’avevi presa? — domandò Arnolfo ridendo. — L’avevi forse presa per un elefante?...
— Non dico un elefante.... però, quella brutta bestia, a vederla lì fra l’erba, mi fece una certa impressione.... un certo non so che.... Ma questo, siamo giusti, non vuol dire che in quel momento non avessi coraggio....
— Tutt’altro: — replicò Arnolfo col solito risolino. — vuol dire solamente che avesti paura!
— Paura io? Per tua regola, a coraggio, vi rivendo quanti siete.
— Canta, canta, canarino!
— Arnolfo, non offendere!
— Io non t’ho offeso.
— Mi hai detto canarino.
— Canarino non è un’offesa; canarino gli è un uccellino con le penne gialle.
— Ma io le penne gialle non ce l’ho — gridò Leoncino, riscaldandosi.
— Se non le hai, le potresti avere. —
A quest’ultima uscita di Arnolfo, tutti i suoi fratelli dettero in un solennissimo scoppio di risa.
VII.
Allora Leoncino, lasciandosi vincere dalla bizza, fece l’atto di volersi avventare contro il suo piccolo avversario: ma Raffaello svelto come uno scoiattolo, lo abbracciò subito a mezza vita, e tenendolo fermo, cominciò a dirgli con una certa cantilena burlesca:
— La si calmi, sor generale, via, la si calmi! La sia bonino!... —