Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
― 135 ― |
― Nossignori, tocca a me! ― strillò Arnolfo, il trombettiere. Io sono il più piccino di tutti; dunque ho più diritto degli altri.
― Lasciate parlare Arnolfo ― disse il babbo ― e zitti tutti! ―
Il piccolo trombettiere, non sapendo lì per lì trovar subito la parola per dar principio al suo racconto, cominciò a fare con la bocca mille versi e a gesticolare con le mani; alla fine poi, trovata la parola, prese a dire come seguitando un racconto:
― Sicchè dunque, quando il nostro generale ci disse: «Avanti!» noi tutti si rispose: «Andiamo!»
― Andiamo? Ma dove volevate andare? ― domandò il babbo.
― O che non lo sai? S’andava a far la guerra....
― La guerra contro chi?
― La guerra contro Cartagine.
― E chi è questa Cartagine?
― È una grossa quercia, che rimane a metà del bosco.
― E perchè la chiamate Cartagine?
― Bella forza! Perché noi siamo i Romani e andiamo sempre a bastonarla.
― Ora ho capito tutto! ― disse il babbo. ― Prosegui il racconto.
― Sicchè dunque, quando si fu per i campi, sarebbe toccato a me a camminare avanti, ma siccome Leoncino è un prepotente per la ragione che ha la sciabola dorata e la striscia bianca al berretto, allora mi saltò addosso col dire: «Il generale sono io, e tu devi venire dietro a me» ― Ma questa l’è una riffa: ne convieni babbo? Scusa, babbino, tu che te ne intendi, quando si fa la