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avesse preso la cocciutaggine di non voler discorrere a modo e a verso, come discorrono tutte le persone per bene, che hanno la bocca e la lingua.

E fra lui e il Pulcinella accadevano spesso dei dialoghi e dei battibecchi un tantino risentiti, sul genere di questi:

― Buon giorno, Pulcinella, ― gli diceva Alberto, andando ogni mattina a tirarlo fuori dal piccolo armadio dove stava riposto. ― Buon giorno, Pulcinella. ―

E Pulcinella non rispondeva.

― Buon giorno, Pulcinella, — ripeteva Alberto.

E Pulcinella, zitto; come se non dicessero a lui.

― Su, via, finiscila di fare il sordo e rispondi: buon giorno, Pulcinella. ―

E Pulcinella, duro.

― Se non vuoi parlare con me, guardami almeno in viso ― diceva Alberto un po’ stizzito.

E Pulcinella, ubbidiente, girava subito gli occhi e lo guardava.

― Ma perchè ― gridava Alberto arrabbiandosi sempre di più ― ma perchè se ti dico «guardami» allora mi guardi; e se ti dico «buon giorno» non mi rispondi? ― E Pulcinella, zitto.

― Brutto dispettoso! Alza subito una gamba! ―

E Pulcinella alzava una gamba.

― Dammi la mano! ―

E Pulcinella gli dava la mano.

― Ora fammi una bella carezzina! ―

E Pulcinella allungava il braccio e prendeva Alberto per la punta del naso.

― Ora spalanca tutta la bocca! ―