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sauro; un animale pieno di vita e di sentimento, che sarebbe stato capace di fare cento chilometri in un giorno, se non avesse avuto fin dalla nascita un piccolo difetto: il difetto, cioè, di essere un cavallo di legno!
Ma Luigino gli voleva lo stesso bene, come se fosse stato un cavallo vero. Basta dire, che non passava sera che non lo strigliasse con una bella spazzola da panni: e dopo averlo strigliato, invece di fieno o di gramigna, gli metteva davanti una manciata di lupini salati. E se per caso il cavallo si ostinava a non voler mangiare, allora Luigino gli diceva accarezzandolo:
— Vedo bene che questa sera non hai fame. Pazienza! I lupini li mangerò io. Addio a domani, e dormi bene. —
E perchè il cavallo dormisse davvero, lo metteva a giacere sopra una materassina ripiena d’ovatta; e se la stagione era molto rigida e fredda, non si dimenticava mai di coprirlo con un piccolo pastrano, tutto foderato di lana e fatto cucire apposta dal tappezziere di casa.
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Alberto, il fratello minore, aveva un’altra passione.
La sua passione era tutta per un bellissimo Pulcinella, che, tirando certi fili, moveva con molta sveltezza gli occhi, la bocca, le braccia e le gambe, tale e quale come potrebbe fare un uomo vero; e per essere un uomo vero, non gli mancava che una sola cosa: il parlare.
Figuratevi la bizza di Alberto! Quel buon figliuolo non sapeva rendersi una ragione del perchè il suo Pulcinella, ubbidientissimo a fare ogni sorta di movimenti,