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racoli. — E io dissi, andiamo; — e loro dissero: — Fermiamoci qui all’osteria del Gambero Rosso, e dopo la mezzanotte ripartiremo. — E io, quando mi svegliai, loro non c’erano più, perchè erano partiti. Allora io cominciai a camminare di notte, che era un buio che pareva impossibile, per cui trovai per la strada due assassini dentro due sacchi da carbone, che mi dissero: — Metti fuori i quattrini; — e io dissi: — non ce n’ho; — perchè le monete d’oro me l’ero nascoste in bocca, e uno degli assassini si provò a mettermi le mani in bocca, e io con un morso gli staccai la mano e poi la sputai, ma invece di una mano sputai uno zampetto di gatto. E gli assassini a corrermi dietro, e io corri che ti corro, finchè mi raggiunsero, e mi legarono per il collo a un albero di questo bosco col dire: — Domani torneremo qui, e allora sarai morto e colla bocca aperta, e così ti porteremo via le monete d’oro che hai nascoste sotto la lingua.

— E ora le quattro monete dove le hai messe? — gli domandò la Fata.

— Le ho perdute! — rispose Pinocchio; ma disse una bugia, perchè invece le aveva in tasca.

Appena detta la bugia il suo naso, che era già lungo, gli crebbe subito due dita di più.

— E dove le hai perdute?

— Nel bosco qui vicino. —

A questa seconda bugia, il naso seguitò a crescere.

— Se le hai perdute nel bosco vicino — disse la Fata — le cercheremo e le ritroveremo: perchè tutto quello che si perde nel vicino bosco, si ritrova sempre.

— Ah! ora che mi rammento bene — replicò il burattino imbrogliandosi — le quattro monete non le ho