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A questo segnale si sentì un gran rumore di ali che volavano con foga precipitosa, e un grosso Falco venne a posarsi sul davanzale della finestra.
— Che cosa comandate, mia graziosa Fata? — disse il Falco abbassando il becco in atto di riverenza; perchè bisogna sapere, che la Bambina dai capelli turchini, non era altro, in fin dei conti, che una buonissima Fata che da più di mill’anni abitava nelle vicinanze di quel bosco.
— Vedi tu quel burattino attaccato penzoloni a un ramo della Quercia grande?
— Lo vedo.
— Orbene: vola subito laggiù: rompi col tuo fortissimo becco il nodo che lo tiene sospeso in aria, e posalo delicatamente sdraiato sull’erba, a piè della Quercia. —
Il Falco volò via e dopo due minuti tornò, dicendo:
— Quel che mi avete comandato è fatto.
— E come l’hai trovato? Vivo o morto?
— A vederlo pareva morto, ma non dev’essere ancora morto perbene, perchè appena gli ho sciolto il nodo scorsoio che lo stringeva intorno alla gola, ha lasciato andare un sospiro, balbettando a mezza voce: «Ora mi sento meglio!...» —
Allora la Fata, battendo le mani insieme, fece due piccoli colpi, e apparve un magnifico Can-barbone, che camminava ritto sulle gambe di dietro, tale e quale come se fosse un uomo.
Il Can-barbone era vestito da cocchiere in livrea di gala. Aveva in capo un nicchiettino a tre punte gallonato d’oro, una parrucca bionda coi riccioli che gli scendevano giù per il collo, una giubba color di cioccolata coi bottoni di brillanti e con due grandi tasche