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a ridere di un riso sguaiato e canzonatore: e il Gatto rideva anche lui, ma per non darlo a vedere, si pettinava i baffi colle zampe davanti.

— C’è poco da ridere — gridò Pinocchio impermalito. — Mi dispiace davvero di farvi venire l’acquolina in bocca, ma queste qui, se ve ne intendete, sono cinque bellissime monete d’oro. —

E tirò fuori le monete avute in regalo da Mangiafoco.

Al simpatico suono di quelle monete, la Volpe per un moto involontario allungò la gamba che pareva rattrappita, e il Gatto spalancò tutt’e due gli occhi che parvero due lanterne verdi: ma poi li richiuse subito, tant’è vero che Pinocchio non si accorse di nulla.

— E ora — gli domandò la Volpe — che cosa vuoi farne di codeste monete?

— Prima di tutto — rispose il burattino — voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e coi bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me.

— Per te?

— Davvero: perchè voglio andare a scuola e mettermi a studiare a buono.

— Guarda me! — disse la Volpe. — Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba.

— Guarda me! — disse il Gatto. — Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi.

In quel mentre un Merlo bianco, che se ne stava appollaiato sulla siepe della strada, fece il suo solito verso e disse:

— Pinocchio, non dar retta ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai! —