Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 50 — |
Dopo aver starnutito, il burattinaio, seguitando a fare il burbero, gridò a Pinocchio:
— Finiscila di piangere! I tuoi lamenti mi hanno messo un’uggiolina qui in fondo allo stomaco.... sento uno spasimo, che quasi quasi.... etcì! etcì! — e fece altri due starnuti.
— Felicità! — disse Pinocchio.
— Grazie. E il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi? — gli domandò Mangiafoco.
— Il babbo, sì: la mamma non l’ho mai conosciuta.
— Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre, se ora ti facessi gettare fra que’ carboni ardenti! Povero vecchio! lo compatisco!... etcì, etcì, etcì, — e fece altri tre starnuti.
— Felicità! — disse Pinocchio.
— Grazie! Del resto bisogna compatire anche me, perchè, come vedi, non ho più legna per finire di cuocere quel montone arrosto, e tu, dico la verità, in questo caso mi avresti fatto un gran comodo! Ma oramai mi sono impietosito e ci vuol pazienza. Invece di te, metterò a bruciare sotto lo spiede qualche burattino della mia compagnia. Olà, giandarmi! —
A questo comando comparvero subito due giandarmi di legno, lunghi lunghi, secchi secchi, col cappello a lucerna in testa e colla sciabola sfoderata in mano.
Allora il burattinaio disse loro con voce rantolosa:
— Pigliatemi lì quell’Arlecchino, legatelo ben bene, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco. Io voglio che il mio montone sia arrostito bene! —
Figuratevi il povero Arlecchino! Fu tanto il suo spavento, che le gambe gli si ripiegarono e cadde bocconi per terra.