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— Che cos’è quel baraccone? — domandò Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto che era lì del paese.
— Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
— Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
— Bravo bue! Allora te lo leggerò io. Sappi dunque che in quel cartello a lettere rosse come il fuoco, c’è scritto: Gran Teatro dei Burattini....
— È molto che è incominciata la commedia?
— Comincia ora.
— E quanto si spende per entrare?
— Quattro soldi. —
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, perse ogni ritegno e disse, senza vergognarsi, al ragazzetto, col quale parlava:
— Mi daresti quattro soldi fino a domani?
— Te li darei volentieri, — gli rispose l’altro canzonandolo — ma oggi per l’appunto non te li posso dare.
— Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta — gli disse allora il burattino.
— Che vuoi che mi faccia di una giacchetta di carta fiorita? Se ci piove su, non c’è più verso di cavarsela da dosso.
— Vuoi comprare le mie scarpe?
— Sono buone per accendere il fuoco.
— Quanto mi dài del berretto?
— Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane! C’è il caso che i topi me lo vengano a mangiare in capo!—
Pinocchio era sulle spine. Stava lì lì per fare un’ultima offerta: ma non aveva coraggio: esitava, tentennava, pativa. Alla fine disse: