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VI.
Pinocchio si addormenta coi piedi sul caldano, e la mattina dopo si sveglia coi piedi tutti bruciati.
Per l’appunto era una nottataccia d’inferno. Tonava forte forte, lampeggiava come se il cielo pigliasse fuoco, e un ventaccio freddo e strapazzone, fischiando rabbiosamente e sollevando un immenso nuvolo di polvere, faceva stridere e cigolare tutti gli alberi della campagna.
Pinocchio aveva una gran paura dei tuoni e dei lampi: se non che la fame era più forte della paura: motivo per cui accostò l’uscio di casa, e presa la carriera, in un centinaio di salti arrivò fino al paese, colla lingua fuori e col fiato grosso, come un cane da caccia.
Ma trovò tutto buio e tutto deserto. Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse, le finestre chiuse, e nella strada nemmeno un cane. Pareva il paese dei morti.
Allora Pinocchio, preso dalla disperazione e dalla fame, si attaccò al campanello d’una casa, e cominciò a suonare a distesa, dicendo dentro di sè:
— Qualcuno si affaccerà.―
Difatti si affacciò un vecchino, col berretto da notte in capo, il quale gridò tutto stizzito:
— Che cosa volete a quest’ora?
— Che mi fareste il piacere di darmi un po’ di pane?
— Aspettami costi che torno subito, — rispose il vecchino, credendo di aver da fare con qualcuno di quei ragazzacci rompicolli che si divertono di notte a