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d’essere un altro. Non vide più riflessa la solita immagine della marionetta di legno, ma vide l’immagine vispa e intelligente di un bel fanciullo coi capelli castagni, cogli occhi celesti e con un’aria allegra e festosa come una pasqua di rose.

In mezzo a tutte queste meraviglie, che si succedevano le une alle altre, Pinocchio non sapeva più nemmeno lui se era desto davvero o se sognava sempre a occhi aperti.

— E il mio babbo dov’è? — gridò tutt’a un tratto: ed entrato nella stanza accanto trovò il vecchio Geppetto sano, arzillo e di buonumore, come una volta, il quale, avendo ripreso subito la sua professione d’intagliatore, stava appunto disegnando una bellissima cornice ricca di fogliami, di fiori e di testine di diversi animali.

— Levatemi una curiosità, babbino: ma come si spiega tutto questo cambiamento improvviso? — gli domandò Pinocchio saltandogli al collo e coprendolo di baci.

— Questo improvviso cambiamento in casa nostra è tutto merito tuo — disse Geppetto.

— Perchè merito mio?...

— Perchè quando i ragazzi, di cattivi diventano buoni, hanno la virtù di far prendere un aspetto nuovo e sorridente anche nell’interno delle loro famiglie.

— E il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto?

— Eccolo là! — rispose Geppetto; e gli accennò un grosso burattino appoggiato a una seggiola, col capo girato sur una parte, con le braccia ciondoloni e con le gambe incrocicchiate e ripiegate a mezzo, da parere un miracolo se stava ritto.