Pagina:Collodi - Le avventure di Pinocchio, Bemporad, 1892.djvu/219


— 220 —


— Io avrò pietà del babbo e anche del figliuolo: ma ho voluto rammentarti il brutto garbo ricevuto, per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.

— Hai ragione, Grillino, hai ragione da vendere; e io terrò a mente la lezione che mi hai data. Ma mi dici come hai fatto a comprarti questa bella capanna?

— Questa capanna mi è stata regalata jeri da una graziosa capra, che aveva la lana d’un bellissimo colore turchino.

— E la capra dov’è andata? — domandò Pinocchio, con vivissima curiosità.

— Non lo so.

— E quando ritornerà?...

— Non ritornerà mai. Ieri è partita tutta afflitta, e, belando, pareva che dicesse: «Povero Pinocchio.... oramai non lo rivedrò più.... il Pesce-cane a quest’ora l’avrà bell’e divorato!...» —

— Ha detto proprio così?... Dunque era lei!... era lei!... era la mia cara Fatina!... — cominciò a urlare Pinocchio, singhiozzando e piangendo dirottamente.

Quand’ebbe pianto ben bene, si rasciugò gli occhi, e preparato un buon lettino di paglia, vi distese sopra il vecchio Geppetto. Poi domandò al Grillo-parlante:

— Dimmi, Grillino: dove potrei trovare un bicchiere di latte per il mio povero babbo?

— Tre campi distante di qui c’è l’ortolano Giangio, che tiene le mucche. Va’ da lui, e troverai il latte che cerchi. —

Pinocchio andò di corsa a casa dell’ortolano Giangio: ma l’ortolano gli disse: