Pagina:Collodi - Le avventure di Pinocchio, Bemporad, 1892.djvu/217


— 218 —


— In cerca di una casa o d’una capanna, dove ci diano per carità un boccon di pane e un po’ di paglia che ci serva da letto. —

Non avevano ancora fatti cento passi, che videro seduti sul ciglione della strada due brutti ceffi, i quali stavano lì in atto di chiedere l’elemosina.

Erano il Gatto e la Volpe: ma non si riconoscevano più da quelli d’una volta. Figuratevi che il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll’accecare davvero: e la Volpe invecchiata, intignata e tutta perduta da una parte, non aveva più nemmeno la coda. Così è. Quella trista ladracchiola, caduta nella più squallida miseria, si trovò costretta un bel giorno a vendere perfino la sua bellissima coda a un merciaio ambulante, che la comprò per farsene uno scacciamosche.

— O Pinocchio! — gridò la Volpe con voce di piagnisteo — fai un po’ di carità a questi due poveri infermi!

— Infermi! — ripetè il Gatto.

— Addio, mascherine! — rispose il burattino. — Mi avete ingannato una volta, e ora non mi ripigliate più.

— Credilo, Pinocchio, che oggi siamo poveri e disgraziati davvero!

— Davvero! — ripetè il Gatto.

— Se siete poveri ve lo meritate. Ricordatevi del proverbio che dice: «I quattrini rubati non fanno mai frutto.» Addio, mascherine.

— Abbi compassione di noi!...

— Di noi!

— Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «La farina del diavolo va tutta in crusca.»

— Non ci abbandonare!...

— ....are! — ripetè il Gatto.