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Riavutosi un poco dal suo primo stupore, disse piangendo e balbettando:
— E il ciuchino che ho gettato in mare dov’è?...
— Quel ciuchino son io! — rispose il burattino, ridendo.
— Tu?
— Io.
— Ah! mariuolo! Pretenderesti forse burlarti di me?
— Burlarmi di voi? Tutt’altro, caro padrone; io vi parlo sul serio.
— Ma come mai tu, che poco fa eri un ciuchino, ora stando nell’acqua, sei diventato un burattino di legno?...
— Sarà effetto dell’acqua del mare. Il mare ne fa di questi scherzi.
— Bada, burattino, bada!... Non credere di divertirti alle mie spalle. Guai a te, se mi scappa la pazienza!
— Ebbene, padrone; volete sapere tutta la vera storia? Scioglietemi questa gamba e io ve la racconterò.—
Quel buon pasticcione del compratore, curioso di conoscere la vera storia, gli sciolse subito il nodo della fune, che lo teneva legato: e allora Pinocchio, trovandosi libero come un uccello nell’aria, prese a dirgli così:
— Sappiate dunque che io ero un burattino di legno come sono oggi: ma mi trovavo a tocco e non tocco di diventare un ragazzo, come in questo mondo ce n’è tanti: se non che per la mia poca voglia di studiare e per dar retta ai cattivi compagni, scappai di casa.... e un bel giorno, svegliandomi, mi trovai cambiato in un somaro con tanto d'orecchi.... e con tanto di coda!... Che vergogna fu quella per me!... Una vergogna, caro padrone, che Sant’Antonio benedetto non la faccia provare