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— Ne toccherai quanto un somaro!...
— Cucù!
— Ritornerai a casa col naso rotto!...
— Cucù!
— Ora il Cucù te lo darò io! — gridò il più ardito di quei monelli. — Prendi intanto quest’acconto, e serbalo per la cena di stasera. —
E nel dir così gli appiccicò un pugno nel capo.
Ma fu, come si suol dire, botta e risposta; perchè il burattino, com’era da aspettarselo, rispose subito con un altro pugno: e lì, da un momento all’altro, il combattimento diventò generale e accanito.
Pinocchio, sebbene fosse solo, si difendeva come un eroe. Con quei suoi piedi di legno durissimo lavorava così bene, da tener sempre i suoi nemici a rispettosa distanza. Dove i suoi piedi potevano arrivare e toccare, ci lasciavano sempre un livido per ricordo.
Allora i ragazzi indispettiti di non potersi misurare col burattino a corpo a corpo, pensarono bene di metter mano ai proiettili; e sciolti i fagotti de’ loro libri di scuola, cominciarono a scagliare contro di lui i Sillabari, le Grammatiche, i Giannettini, i Minuzzoli, i Racconti del Thouar, il Pulcino della Baccini e altri libri scolastici: ma il burattino, che era d’occhio svelto e ammalizzito, faceva sempre civetta a tempo, sicchè i volumi, passandogli di sopra al capo, andavano tutti a cascare nel mare.
Figuratevi i pesci! I pesci, credendo che quei libri fossero roba da mangiare, correvano a frotte a fior d’acqua; ma dopo avere abboccata qualche pagina o qualche frontespizio, la risputavano subito, facendo con la bocca una certa smorfia, che pareva volesse dire: «Non