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— Vorrei un po’ di legno per fabbricare il mio burattino; me lo date?

Mastr’Antonio, tutto contento, andò subito a prendere sul banco quel pezzo di legno che era stato cagione a lui di tante paure. Ma quando fu lì per consegnarlo all’amico, il pezzo di legno dètte uno scossone, e sgusciandogli violentemente dalle mani, andò a battere con forza negli stinchi impresciuttiti del povero Geppetto.

— Ah! gli è con questo bel garbo, mastr’Antonio, che voi regalate la vostra roba? M’avete quasi azzoppito!...

— Vi giuro che non sono stato io!

— Allora sarò stato io!...

— La colpa è tutta di questo legno....

— Lo so che è del legno: ma siete voi che me l’avete tirato nelle gambe!

— Io non ve l’ho tirato!

— Bugiardo!

— Geppetto, non mi offendete: se no vi chiamo Polendina!...

— Asino!

— Polendina!

— Somaro!

— Polendina!

— Brutto scimmiotto!

— Polendina! —

A sentirsi chiamar Polendina per la terza volta, Geppetto perse il lume degli occhi, si avventò sul falegname e lì se ne dettero un sacco e una sporta.

A battaglia finita, mastr’Antonio si trovò due graffi di più sul naso, e quell’altro due bottoni di meno al giubbetto. Pareggiati in questo modo i loro conti, si