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     Vinti saremo adunque, e non a torto.
     Provido, e scorto cuor vittoria vuole;
     Nè spirar suole agl’infingardi, e lenti:
     Dunque le menti divagate, e sciolte
     Da voi raccolte sieno almeno a sera:
     L’opposta schiera omai prende a cantare,
     E ripigliare noi devremo il canto:
     O Imeneo Imen, vienne Imeneo.
Le Verg. Espero, e qual di te stella più dira
     Si volve, e gira per l’eteree chiostre?
     Tu dalle nostre madri, e da’ lor seni
     A svellar vieni (ohimè!) la prole amata,
     Ch’indi spiccata mai non si saria.
     Tu stella ria doni a’ consorti suoi,
     (E fare il puoi!) le vergini pudiche.
     Squadre nimiche in città presa a forza
     Potrian lor forza usar più feramente?
     O Imeneo Imen, vienne Imeneo.
I Giov. Espero, e qual di te più lieta luce
     Ruota, e riluce ne’ stellati chiostri?
     Se i patti nostri, ad ogni maritaggio
     Il tuo bel raggio stabilisce, e ferma.
     Quello rafferma ogni novel marito
     Ch’an stabilito i genitori in prima;
     Nè questi prima, che il tuo lume sorga
     Fan che si porga compimento all’opra.
     Qual’ora, sopra questa, alma e gradita
     L’umana vita in dono ha degli Dei?
     O Imeneo Imen, vienne Imeneo.
Le Verg. Una di noi, compagne, si rapio
     Espero; e rio non sei, non sei rapace?
     Sonno nè pace, da che spunti a sera,
     Non ha la schiera de’ custodi armati:
     E pur celati per le vie sen vanno
     A comun danno i ladri in le fosch’ore