Benchè grave pensiero, assidua doglia,
Ortalo, ond’io mi dolgo, al dotto coro 3Delle Pierie Vergini mi toglia;
Nè far possa la mente altrui tesoro,
Che in cento mali ahi lassa! ondeggia, e cento, 6Dell’armonìa, che vita ebbe da loro:
Poichè del mio German poc’anzi spento
Il pallidetto piè bagnano l’onde 9Entro il gorgo di Lete a muover lento,
Cui della Troade là sotto le sponde
Preme, e all’aspetto dei fraterni rai 12Ahimè la terra Iliaca nasconde.
O de’ miei giorni a me più caro assai
German, ti parlerò? Tue chiare gesta 15Narrar ti udrò? Non ti vedrò più mai?
Eppure io ti amerò sin che mi resta
Aura di vita: ognor la musa intensa 18A pianger fia la sorte tua funesta.
Filomela così sotto la densa
Ombra dei rami geme in flebil verso 21Iti fatt’esca alla paterna mensa.
Eppure in tante acerbe angoscie immerso
A te questo mio Carme, Ortalo, invio, 24Dai Carmi di Callimaco converso.
Perchè non stimi, che dal petto mio
Mal fidati in balìa d’errante nembo 27Usciro i detti tuoi sparsi d’oblio.
Come di Verginella esce dal grembo
Pomo, furtivo don d’amante sposo, 30Immemore che sotto al sottil lembo
Della veste lo avea, misera! ascoso,
Se la madre improvvisa la sorprende, 33Balza su dritta in piè, precipitoso
Roteando all’ingiù quello discende;
Coscienza del fallo la contrista, 36E ambe le gote di rossor le accende.