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142 | lettera decima |
lungo tempo, e di là finalmente levati serviranno per ultima utilità al fuoco”.
Segue l’autore a prescrivere il metodo che deve tenersi per ridurre la scorza de’ mori allo stato di cavarne il lino, e nel medesimo capo parla di molte altre utilità di questa pianta, come dell’uso che si fa de’ suoi rami per formarne de’ cerchi per le boti; de’ boschetti di mori chiusi per nodrire i conigli; della foglia che cade a terra da queste piante sul fin della state, la quale conservata serve ad ingrassare mirabilmente i porci, e de’ frutti del moro sì utili al pollame. Io ho giudicato bene d’interrompere il filo di questa storia con questa utile digressione, onde possano VV. SS. Illustriss. raccogliere, che non è vero il discorso che il nostro scrittore ha fatto, conchiudendo che dovunque allignano i mori ivi riesca la seta; dacchè la providenza, che non ad ogni paese, nè ad ogni clima accordò questo prodotto, siccome più chiaramente vedremo nelle seguenti lettere, diede al moro, che alligna anche dove la seta non può riuscire, altre facoltà, onde l’uomo servirsene potesse a diversi usi della vita.
Nella seguente lettera ripiglieremo il nostro argomento, mentre intanto col solito rispetto mi confermo.