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Apologo intitolato Specchio d’Esopo, composto dal MAGNIFICO CAVALIERE E DOTTORE MESSER PANDOLFO COL- LENUCCIO DA PESARO. ( Collocutori : Ercole, Esopo, Blacico, Plauto, Luciano e il Re).

Ercule. Che hai tu, Esopo, che sei si turbato in vista? Donde vieni tu ora?

Esopo. O Ercule, io non m’era di te accorto: però per- donami se io non ti ho secondo il debito adorato. Tu sai che di tutti li dèi io ho te solo in precipua venerazione, come solo per virtú liberatore de l’innocenza e domator di monstri.

Ercule. Non bisogna che facci di ciò scusa: io so il cor tuo e quello a me basta. La mente sacrifica, e non l’adora- zione. Dimmi pure che cagione è de la tua turbazione. È ella ira o sdegno, oppure altro dolore?

Esopo. Io ti dirò, Ercule. La castagna una volta da un pastore imprudente ne la cenere calda fu posta. Lei il pregò che di li la levasse, ché star non vi potria; lui non che non la levasse, ma ancor piú appresso le brace la spinse. Lei maggiormente il pregava che piú non la scaldasse, ché sop- portare non potria; allora il pastore ostinato, per attuffarla né sentir piú soi lamenti, sotto la cenere la coperse e di sopra carboni accesi vi pose. Ma la castagna, impaziente de l’in- cendio, levatasi li panni d’attorno, con un gran schioppo la cenere e il foco nel volto del pastore e per la casa span- dendo, da tanta molestia con un veloce salto si liberò.