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filotimo 75


ghe, galle, viole e mille argumenti di levitá? e, quello che molto piú estimo, cavandomi senza elezione e iudicio alcuno ad omini indignissimi di vita, nonché di onore? E però portami a casa, ch’io te ne prego, e inanzi attaccami ad un cavicchio ch’io mi copra di polvere, o se pure a qualche uso operare mi vuoi, mettimi sopra la testa di un Priapo ne l’orto, ché almeno stando ferma impaurirò li uccelli. E sopra questo tuo capo non piú me, ma un pennello da camino vi metti, che ad ogni vento girando sfumerai, e cosí ad ogni omo, a tuo modo onorando, satisferai.

Testa. Ben mi pare che le tue ragioni sian vere, ma sono purtroppo contra la commune opinione; ond’io dubito che tu non sii tenuta bizzarra, o che vogli saper troppo, sempre a la piú parte contradicendo. Onde a me par meglio che andiamo con la piena.

Berretta. Non t’ho io detto che la veritá non abita col vulgo né con la moltitudine, anzi è da quello sempre conculcata? Come vòi tu ch’io sequiti le false opinioni? Non sai tu che li amici e ogni omo in certo modo onorare si debbeno, ma che la veritá sopra tutto nonché reverita ma adorata dev’essere? Andiamo pure a casa, e col vulgo non volere ch’io tenga commercio, se la mia salute tu ami.

Testa. Andiamo! Finalmente altro remedio non vedo che andare sempre al sole e al vento col capo scoperto. Ma ecco l’augusta presenza di Ercule che ne viene. Di’ mo’ che a costui io non debba cavarti!

Berretta. Costui non solamente col cavarmi onorare si deve, ma col ginocchio in terra reverirlo conviene; perché a costui meritamente la definizione de l’onorare è adatta, che è, come ti diceva, una esibizione di reverenza in testimonio di eccellente virtú. E quale piú eccellente virtú di quella di Ercule sia, non lo so per ancora vedere.

Testa. Ma tu mi riprendevi ancora perché in tante fogge io ti portava. Adunque riprendere si deve ancor lui, il qual vedi in capo si strana cosa portare: e tu nondimeno lo iudichi dignissimo di onore.