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filotimo 69


Testa. Questo è uno nobile de la terra.

Berretta. Che sa ’l fare costui?

Testa. Li nobili fra noi non sanno fare troppe cose, perché non imparano né arte né scienza alcuna e hanno per cosa inimica a la nobiltá il fare qualche cosa: ma stanno oziosi e vanno a piacere quanto possono, salvo se in rivedere li conti e ragioni con li loro lavoratori e villani non sono a le volte occupati. Ma costui è nobil’omo e da bene.

Berretta. Dichiarami un poco questo esser da bene, come tu l’intendi.

Testa. Io intendo omo da bene chi ha del proprio e non fa impaccio a persona.

Berretta. Tu chiami adunque da bene non colui che fa il bene, ma quello che non fa il male?

Testa. Io chiamo pur da bene colui che fa il bene.

Berretta. Costui adunque, che tu chiami nobile, non può esser chiamato da bene, poiché non fa il bene; ché chi non fa cosa alcuna (per quanto dice Aristotele) impossibile è che ’l faccia bene.

Testa. Io non sapria dire tanta loica; io so questo, che lui è chiamato nobile.

Berretta. Per certo io voglio pur vedere s’io posso ficcarti un poco di veritade in questo tuo capo arietino. Che cosa è nobilita?

Testa. Io credo che nobilita sia il poter numerare li soi antecessori in memoria di longo tempo.

Berretta. Non ti dico io che questa tua zucca è mal salata? Quanti mercadanti e notari, quanti vili e bassi artefici, quanti cultori di terra hanno longa memoria de la successione de’ soi antenati, e nondimeno non sono chiamati nobili! Anzi piú, ché non è alcuno che per questo rispetto non sia chiamato nobile ad un modo, perché niuno è che da li sassi di Deucalione e Pirra non sia nato e che da quelli la sua origine non deduca.

Testa. Se questo che io ho detto adunque non è nobilita, la sará questa un poter dire che li soi maggiori siano stati vittoriosi e grandi omini.