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60 apologo


abbi detto pur troppo, e tutto quello che si può dire, né so vedere in che io ti possa piú offendere.

Berretta. Anzi pare che tu abbi piacere ch’io sia quella ché, insieme col lacerarmi, m’abbi a vituperare; perché non ti basta che binde rosse e gialle e violacee portare mi fai, ché ancora di penne di uccelli spesse volte mi empi le pieghe: e ora alcuni bolli, o tondi o quadri o di altra figura, dorati con lettere o altri segni, mi attacchi, onde a me togli mia dignitade e a te non lieve carico ti fai.

Testa. Questo faccio io per una certa cosa chiamata galanteria, la qual pare non si disdica; anzi pare che colui che cosí ti porta, abbia animo cortesanesco, leggiadro e amoroso.

Berretta. Che cosa è galanteria?

Testa. Io non te ne sapria dire una propria definizione, per non averne mai trovato scrittura; ma credo che la sia un portamento ovvero impresa di qualche cosa rara, che fa l’omo esser mirato da altri et estimato piú atto e piú bello.

Berretta. Non tei dico io che tu sei vota? Quanto piú parli, piú ti scopri. Tu ti diletti di questa tua galanteria, né sai che cosa ella sia. Né altro vói dir questo se non che cosí come tu non sai che cosa ella sia, cosí anco non sai quello che tu fai. (Né peggio si puoi dire ad un omo razionale, che dirgli che ’l non sappia quello che ’l faccia, che è uno vivere temerariamente e a caso). Onde io te la voglio descrivere: galanteria altro non è che una occupazione in cose superflue e di niun momento, causata da vanitá di mente e levitá di cervello.

Testa. Questa è definizione, che forse a li galanti contumeliosa pareria; onde non la provando tu altramente, forse che in iudicio se la chiameriano iniuria.

Berretta. Io te la proverò in piú modi. Prima per la etimologia e derivazione del vocabulo, poi da l’autoritá de li proverbi antiqui, che sono regole di filosofia. Questo nome ‛galanteria’ è dedotto da galla, che è una superfluitá nata ne le querce, inutile, senza seme e levissima e tonda, che ap-