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filotimo 57


Testa. Io ti prometto di non m’adirare; di’ su ciò che a bocca ti viene, ché di audire per certo io son disposta.

Berretta. A chi non scappasse la pazienza, vedendo in te tanta inconstanza, che mai in un garbo o in un abito mi pòi tenere? e ora in guisa di capitello mi porti, ora in guisa di piramide, quando in forma di un laveggio, quando di una zangola roversa, un tempo a figura di mezzo melone, un altro tempo a costola, quando a la pazza e quando a la veneresca, or con mezza e or con tutta piega, e or con binde o cordelle di uno o di piú colori mi leghi. Chi potria mai tante mutazioni, e si diverse, tollerare?

Testa. Io credeva che tu volessi dire qualche cosa, ma io ti vincerò a ragione. Non debb’io fare tutto quello ch’io posso per aver reputazione et essere estimata da li omini?

Berretta. Si bene. Ma che ha a fare questo a proposito?

Testa. Io ti dirò. O bello o terribile si deve sforzare l’omo di parere: la prima, per piacere a li amici; la seconda, per indurre paura e terrore a li inimici. Questi modi vari, ne li quali ti uso, operano l’una e l’altra cosa.

Berretta. Rispondimi a questo: la diversitá de le fogge ne le quali tu mi usi, può ella fare che un brutto paia bello e che un pusillanime e vile paia terribile?

Testa. Io penso che si: perché vedo ancora che quando tu sei posta in capo ad uno che sia stato in studio di teologia o di legge civile o di altra scienza, con le cerimonie e ornamenti che a quelli atti si usano, quel tale, a chi cosí sei posta, pare ad altrui et è reputato savio e dotto; e cosí ancora bello e terribile può esser estimato uno, secondo la forma e sito che ti porta.

Berretta. Prima che andiamo piú oltra, vediamo che non erriamo ne li termini. Che cosa è bellezza?

Testa. Io tei dirò bene e presto. Bellezza è l’avere una bella zázzara, con la berretta in foggia sopra un ciglio, la calza tirata, la scarpa stretta, con l’andar vago de la persona.