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VIII

Allo stesso.

Magnifico Lorenzo, patrone e signor mio singulare. Io ho in- finite testimonianze in me medesimo de l’amore qual Vostra Ma- gnificenza per sua naturale bontá me ha sempre portato, et anche molti omini da bene lo intendono; ma per una singulare e lata e molto aperta demonstrazione, e li e in ogni loco e appresso d’ogni sorte omini, niuna quasi ne espetto e desidero maggiore, de Tesser donato de quelle insegne, de le quali Vostra Magnifi- cenza cortesissimamente me dimostrò contentarsi ch’io ne fussi fatto degno: el che, e qui e a Pesaro, a molti mei benevoli fece intendere. Sento che trattandosi la cosa li in Palazzo, ella è alquanto fredda ne le orecchie, non che dei maggiori consigli ma etiam de li xii procuratori, e che le fave bianche moltiplicano non per altra o maggior ragione che per esser cosa insolita giá da molti anni. Io non so che dire. Dove non sia l’onore, la grazia, la di- gnitá e comoditá vostra, io non ardisco pensare, non che de- siderare. Non me inganno punto a partito: so che i meriti mei non son tali che de condigno tal dono io possa desiderare e dimandare. Se bene per onorar Vostra Magnificenza e la terra tutta e quel loco io spesi 300 ducati, se bene ho studiato tutte le cause e non corno pretore, ma laboriosissimo collaterale, ho voluto con esat- tissima diligenza ogni minima cosa decidere, se bene me so’ in- gegnato intendere tutti i nervi de l’intelletto per lassare qual- che cosa che longo tempo appresso i dotti testifichi la gentilezza, virtú e nobiltá de la vostra amplissima cittá, se bene io son con- tinuo fautore e predicatore e defensore de tutta la nazion fiorentina per quanto posso, e queste cose siano state forsi rare in molti pretori, non son però di tal sorte che meritino esser ricambiate d’un’altra raritá, qual seria questa de remunerar un affezionatis- simo servitor de quella republica, in publico e in privato. E per questo tutto quello ch’io ne avesse seria mera e propria libera- litá e grazia vostra e de quel populo, e non altra causa. El de- siderio mio è grande et è fatto maggiore per esser la cosa mossa e vulgata; ma testor Deum e cosí iuro che è molto maggiore el