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Nabuch.   Signor, qui non bisognan piú parole,

bisognan fatti, ché per negligenza
spesso l’occasion perder si sòie.
     Andrò, e se faranno resistenza,
per forza i condurrò, ma prima tutti
li cercherò con summa diligenza.
Ioseph.   Donde viene che spesso si mal frutti
si coglien da una larga cortesia,
da che i bon doveriano esser produtti?
     E par che la natura umana sia
in questo si maligna e si perversa,
che rari son che tenghino altra via.
     Credo proceda in prima, perché è persa
la ragion vera, e il debito discorso
de l’intelletto è vólto a la roversa;
     ché la natura pur ci dá rimorso
di non essere ingrati al benefizio,
e nondimen si segue il vulgar corso.
     L’altra ragion mi par di questo vizio,
che l’essere obbligato ciascun schiva
e però lassa il debito suo offizio;
     cosí il benefattor suo spesso priva
di grazia e di mercé, che doveria
sempre tenerla in la memoria viva.
     Son stati undici ebrei qui in casa mia,
tutti fratelli, et io con loro ho usato
ogn’opra di larghezza pronta e pia.
     Quel gran gli ho fatto dar c’han dimandato,
et hogli il prezzo ancor restituito,
et è stato ciascun da me onorato
     d’albergo, d’accoglienza e di convito;
né giá mi dòle, anzi ne son contento,
ché di bon’opre mai non fui pentito.
     Non li voglio incolpar di fallimento,
se di certo noi so, ma 1* è accaduto
che la mia coppa d’òr manca in l’argento,