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SCENA IV

Iacob solo.

     Dura cosa è per certo in questa vita

misera nostra, che mai vera posa
pò pigliar l’omo, o aver cosa compita:
     né si lieta materia o graziosa
in queste umane cose si presenta,
che al fin non torni poi trista e noiosa.
     Cosi sempre in fatiche e affanni stenta
la mortai turba, pria che morte vegna,
né so se dappoi quella è mai contenta.
     O Dio, tua grazia prego mi mantegna
in umiltade vera e pazienza,
che a aspettar la tua pace mi ritegna.
     Con quanta ansietade quest’assenza
portato ho de’figlioli! e quand’io credo
pigliar conforto de la lor presenza,
     ecco un figliol mi manca, e a quel ch’io vedo,
lá sta in prigion, Dio sa s’è vivo o morto,
tra gente strana, e se mai piú ’l rivedo!
     Che farò mo? s’io’l lasso lá, fo torto:
s’io mando Beniamin contra mia voglia,
rimango privo d’ogni mio diporto.
     E s’io’l ritengo, cresce un’altra doglia,
ché piú gran non aremo, onde ’l pensiero
fia dur per ogni banda, quale io voglia.
     Sai che farò? al mio Dio vivo e vero
la mente volterò, la sua pietade
mi condurrá pel debito sentiero.
     E quel che piacerá a la sua bontade,
da Lui inspirato, piglierò pel meglio,
perché esso è via e vita e veritade.