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Non ho poter né lingua né intelletto,

che grazie mai ti possin riferire:
ma il riferirti grazie fia difetto.
Dio ten guardi, e correggo ora il mio dire,
che tua fortuna aspetti mai da alcuno,
che possa a te sue grazie conferire;
ché i benefici toi, come ciascuno
trapassan di grandezza, cosí ancora
non cercali contracambio da veruno.
Ma quel che la mia mente (qual t’adora)
senza alcun dubbio pò, quel ti presenta,
amore e fede, e quanto un omo onora;
e prima fia dal corpo l’alma spenta,
che la mia devozione e mia virtute
non sia a tua gloria e a tuo voler intenta:
cosí l’eterno Iddio prego mi aiute,
e la mia via governi al cammin retto,
sempre con tua vittoria e tua salute.
Darò principio a questo degno effetto:
et or da te, signor, prendo licenza,
per far l’esecuzion di quel c’hai detto.—
Voi ministri e fratelli, che in presenza
non per famigli séte deputati,
ma per consorti di mia diligenza,
nel disegnato mio pretorio andati,
e li quel che bisogna preparando,
fin ch’ io torni (che presto fia) aspettati.
Voi dui qui vi starete riposando,
fin che nel mio secreto, a me converso,
alcuni mei concetti in alto mando. —
Glorioso fattor de l’universo,
se licito è parlarti da un vii vermo
di terra fatto e di peccati asperso,
se licito è a un mortai debile e infermo
levar li occhi lá su verso il tuo trono
terribile, immutabil, forte e fermo,