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     E il re non un sol savio fa chiamare,

ma vói che sian ben savi e vòlne assai.
Se pur un non ce n’è, che abbiamo a fare?
     Se vai cercando savi, cercherai
per tutto il mondo, e un savio ben perfetto
in fin, credilo a me, non troverai.
Durach.   Noi credo questo, perché se hai rispetto
ch’abbiam tanti filosofi e dottori,
sai che di savi non abbiam difetto.
Cabasan.   Questi che dici, e credi sian migliori,
savi non sono. Forsi hanno ben scienza,
e per quella lor scienza han de li onori:
     ma da savio a sciente è differenza,
e pili che molti son di tal scienti,
che son piú pazzi et han meno sapienza.
Durach.   Se noi dimostri con qualche argumenti,
non intendo né credo il tuo parlare,
perché li dotti io tengo sapienti.
Cabasan.   Con la tua mano io tei farò toccare.
Bisogna al savio aver cognizione
de le cose divine e non errare;
     e de le umane ancor la sua ragione
appresso dei principi aver notizia,
e coi principi la conclusione.
     Essendo di tal cose grande inscizia,
ché saper non si possono, tu intendi
che non si pò di savi aver divizia.
     E vo’ che a un’altra cosa ancora attendi:
di sua scienza il piú dott’uom richiede,
e qual sia sua risposta ben comprendi.
     Dirá che sua scienza, qual si vede,
è di quel che non sa minima parte;
se è dotto o savio, non so mo s’ tu il crede.
     Un altro motto voglio ancora darte:
che quel che ti dirá di piú sapere,
quello será piú stolto e di men’arte.