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     Se mai tal cose a noi fúr graziose,

or seran pel contrario aspre et amare,
ingrate a ricordarle e dolorose.
     Ti son lontan, né mi vale il chiamare:
ma in quel modo ch’io posso, la licenza
piglio da te, qual forza è di lassare.
     Dio, che è iustizia e summa sapienza,
almen prima ch’io mòra, faccia un tratto
ch’io possa riveder la tua presenza!
     Par che ’l cor fòr del corpo mi sia tratto:
a te, padre mio, ’l lasso, sta’ con Dio.
Men vado servo misero e disfatto.
Mercatanti.   Or su, non dubitare, o figliol mio:
monta su questa soma e ormai depone
tua passione et ogni pensier rio.
     Ti menaremo in bona regione,
e ben serai da noi sempre trattato,
e non ti mancará condizione.
     Or l’andar nostro non sia piú tardato.
A Dio, fratelli, a Dio, noi vi lassamo:
tempo è che noi pigliam da voi commiato.
Iuda.   Poi che questa bon’opra fatto abbiamo,
ora convien che a far qualche trovato
col nostro padre noi ne provvediamo,
     si che in tutto di noi gli sia levato
ogni sospetto e che per via indiretta
con qualche astuto modo el sia avvisato:
     talché la cosa sia secreta e netta.

SCENA Vili

Ruben, Iuda, Gad, Neptalin e li altri fratelli.

Ruben.   Rispondi, Isepe, e ’l mio saluto accetta:

son tuo fratei Rubén. El non risponde.
O cisterna crudele e maledetta!