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     Ecco la mano in capo, fatti inanti,

ti benedico, e il gran Fattor di sopra
con tutto ’l coro de’ spirti soi santi,
     de la sua eterna grazia ti ricopra,
et ogni tuo pensiero et azione
sempre governi, ogni parola et opra.
     E per fermarti ne la mia opinione...
Vien qua, Sibán, va in casa prestamente,
guarda dove le veste si ripone:
     e cerca ben fra quelle attentamente,
e quella tunicliella ricamata
d’oro e di seta si politamente,
     portala qui. Quella ti fia donata
pel tuo portare, Isepe, acciò s’intenda
quanto la tua persona a me sia grata.
Siban.   Ecco la vesta: se vói ch’io la stenda,
questa mi par secondo il tuo disegno;
che la sia dessa par che si comprenda.
Iacob.   Dolce mio caro e prezioso pegno,
Isepe mio, questo ti metto in dosso,
questo de l’amor mio ti sia per segno.
Ioseph.   Io ti ringrazio, padre, quant’io posso,
con tutta la mia mente e tutto il core,
che mai dal tuo voler será rimosso.
     IACOB. Ben ti ricordo, acciò non pigli errore
per tua semplicitá, che in alterezza
mai non ti levi per il mio favore;
     ma con ogni umiltate e con bassezza
sempre ti porti, perché l’umiltate
al fin conduce l’omo in grande altezza.
     Ma vedo venir qua queste brigate:
e’ son, si come io vedo, i toi fratelli,
ch’aranno fòr le pecore inviate.
     Espertamente qui vengono aneli’elli.
In questo mezzo tu, Sibán, va’ drento,
e per far sacrificio dui vitelli
     fa’ che apparecchi: in ciò non esser lento.