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essi venne in Italia a l’assedio di Melfi insieme con calabresi, salentini e lucani e pugliesi de le sue terre, che li erano rimaste.

Boemondo avendo diecimila ottimi soldati con lui allevati e nutriti, legatosi con Riccardo principe di Benevento e di Capua, inimico del fratello, che per questa loro discordia era rientrato in signoria, deliberò animosamente difendersi; il perché tutte le cose necessarie a l' impresa contra il fratello preparò.

Ma miglior fine ebbe questa guerra fraterna che non estimavano li uomini, si per divina provvidenza, come anche per la generositá e virtú di Boemondo. Imperocché essendo ordinato nel Concilio fatto in Francia in Chiaramente di Alvernia ne l’anno 1094 da Urbano II il gran passaggio di oltra mare, nel quale molti signori de’ cristiani con infinito numero di uomini per la recuperazione de la Terra Santa andorono, il vescovo di Pois capitano de la compagnia francese e Ramondo conte di San Egidio, Ugo Magno fratello del re di Francia, Roberto conte di Fiandra e Stefano conte di Ciarte con molte migliara di uomini venendo per Italia, parte a Barletta e parte a Brundusio e parte ad Otranto si condusseno ad imbarcarsi per passare in Grecia; e con tanta modestia andavano senza punto danneggiare alcun loco, che Roggero e Boemondo, che erano in su l’arme e grossissimi, mai da la loro impresa si mosseno.

Era Boemondo d’animo molto generoso et alto, onde tirato da onestissima emulazione di gloria di tanti cavalieri e baroni che a si nobile impresa andavano, pensando quanto merito ne aspettavano, entrò in grandissimo desiderio di passare ancor lui a si laudabil’opera; il perché avendo parlato con li predetti signori e ancora da loro piú confortato, prima rassegnò Melfi a Roggero suo fratello e diedeli licenza che di Puglia si togliesse e disponesse tutto quello li piaceva, poi prese il segno de la croce rossa secondo l’ordine dato da Urbano e che li altri portavano; e fattosi portare da la sua salvaroba due gran mantelli di porpora, tanto minutamente li