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I.IBRO TERZO 87 Roma, espugnando per forza il Capitolio ove li romani si erano ridotti e fortificati, li costrinse a darsi a discrezione. Il che fatto, lui con tutto l’esercito armato e trionfale andò al Castello sant’Angelo e fatto buttare a terra tutti li ripari e bastie li avevano fatto intorno i romani per assediare il pontefice, ne cavò fuora Gregorio e accompagnollo al Latcrano e ne la sua pontificai sedia lo ripose; ma dubitando che dopo la sua partita i romani perfidamente non rompessino la pace, seco a Salerno ne menò Gregorio.

Tornato nel regno Roberto e avendo giá conceputo ne l’animo di farsi imperatore di Constantinopoli, continuando la vittoria di Dalmazia e vedendo che Boemondo suo figliuolo era assai potente per terra, fece una grande e gagliarda armata; il che intendendo sin dal principio di essa, Alessio pregò i veneziani lo soccorressino e in quel mezzo ancor lui mise in punto un’altra armata da congiungerla con essi. I veneziani dubitando che la grandezza di Roberto a qualche tempo non fusse dannosa a la lor libertá, feccno una grossissima armata e fattone capitano Domenico Silvio la mandorno a l’isola di Corcira (oggi detta Corfú) a congiungersi con quella de’ greci. Appena s’erano messe insieme le due armate, quando inteseno Roberto avere giá fatto vela per passare in Macedonia e Dalmazia. Alessio con la celeritá possibile se ne andò verso Durazzo per impedire la entrata del porto a’ normanni, ma Roberto, niente impaurito per la moltitudine de li inimici, drizzò le prode de l’armata verso loro, con proposito di farsi per forza la via, e furono a le mani. La battaglia fu sanguinosa e crudele da ogni banda, ma infine Roberto, parte per sua virtute e fortezza, parte per il favore de l’esercito di Boemondo, il quale armato sopra il lito assisteva a la battaglia, rimase vincitore, avendo per una de le sue navi sommersone due de li inimici. Per la qual cosa Alessio da la man sinistra verso il Peloponneso fuggendo e Domenico Silvio da man destra verso Venezia navigando, se ne andorno; Roberto con la sua armata assai percossa, a salvamento in Durazzo si ridusse. Il Silvio per tal rotta fu da’ veneziani del ducato privato,