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vita dell’umanista pesarese negli ultimi anni suoi: e chi ebbe per primo l’interesse (e fu forse uno dei suoi figli) di far conoscere per le stampe quest’opera, togliendo gli alberi genealogici non facilmente e con esattezza riproducibili in piccolo formato, sopprimendo le ultime carte ancora non bene polite e condotte a compimento, diede all’opera stessa quelle giuste proporzioni che poi mantenne sempre (*). E queste proporzioni, ormai tradizionali, ho creduto anch’io di conservare nella presente edizione, mentre mi è parso doveroso far conoscere agli studiosi, pubblicandoli in Appendice, cosi gli alberi genealogici, come la parte inedita del VI libro.

Il cod. di Monaco, pur non avendo, come ha l’estense, le tavole genealogiche, e terminando il Compendio come nelle edizz., col periodo: «... per opera di Cosmo di Medici, quale per non dispiacer al Duca, fece per decreto pubblico determinare che anche loro neutrali in ditta guerra si stessino», per alcune particolaritá di lezione si accosta invece al codice modenese. Cito qui ad esempio la notevole variante (f. ij8 v.) che, come in A , attribuisce ai Fiorentini il presunto avvelenamento di Enrico VII di Lussemburgo (v. a p. 195 del testo), mentre nelle edizz. si ha la frase: «per opera et arte del legato (?)*,che copre un’accusa ben piú grave (2). E vedasi anche la fine del V libro, da confrontare con l’introduzione a l’«Arbore de la successione de la prima parte di Angioini * che è in A (vedi Appendice, tav. IV). Ma a questo codice (che sembra essere di provenienza napoletana) e alle sue relazioni cosi col ms. estense come con le edizioni piú antiche del Compendio, spero di poter dedicar presto uno studio piú accurato e minuto, che non mi è ora consentito di fare in queste pagine.

(1) E fu veramente saggio consiglio; ché le ultime carte di A non souo altro che una filza di appunti attinti ad altra fonte, non ancora convenientemente elaborati e fusi nella narrazione storica. Che il Collenuccio dedicasse a quest’opera anche gli ultimi anni della sua vita avventurosa è dimostrato dal ricordo ch’egli fa in quest’ultimc pagine (v. Appendice , p. 331) di Federico d’Aragona, «che fu poi il quinto re et ultimo di casa Aragonese»: parole queste che non possono esser state scritte prima del 1501.

(2) Cfr. su queste accuse G. Paliotti, La morte di Arrigo VII di Lussemburgo secondo la storia e secondo la tradizione, Montepulciano, 1894, pp. 65, 77, 96, 98.