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spoglie tornò. Altre spedizioni ancora mandò fuora di Italia, dappoi che ebbe il regno di Napoli pacifico; imperocché ne le marine de l’Arta, detta anticamente Epiro, mandò Bernardo Villamarina a bruciare L’armata veneziana sua inimica, e tutta fu arsa in vendetta di una nave, la quale i veneziani nel porto di Siracusa in Sicilia li avevano bruciata. E al sussidio de’ fedeli contra turchi mandò genti d’arme, le quali in ogni impresa furono vittoriose. Imperocché essendo assediato da turchi il signore del despotato giá detto Acarnania, il quale avea per donna una figliuola di Giovanni di Ventimiglia, li mandò in aiuto Giovanni con armata e con cavalli: il quale, passato lo Ionio, assaltò il campo de’ turchi e fatto di loro una grande e memorabile occisione, liberò de l’assedio il despoto. Dappoi in aiuto di Scanderbech, figliuolo di Camusa signore de li albanesi, uomo valorosissimo, mandò genti d’arme contra i turchi, le quali per forza presono Croia e a nome di Alfonso contra turchi la difeseno; e un nepote di Scanderbech, che contra lui seguitava la parte de’ turchi, lo preseno e mandorono a Napoli prigione. Né mancò mai Alfonso, sin che visse, che contra infedeli aiuto di uomini e di denari sempre liberamente al bisogno non désse.

Fu amicissimo a lo studio de le lettere, e diceva lui che leggendo una volta un proemio fatto da uno che avea tradotto il libro di Angustino De la Cittá di Dio in lingua spagnuola, vi trovò questa sentenza, * che il re non letterato era un asino coronato *: la quale autoritá tanto li entrò nel cuore, che deliberò dare opera a le lettere, ancor che piú oltra fusse che fanciullo. E maravigliosa cosa è a pensare, come in tante agitazioni e perturbazioni di guerre e varietá di fortuna qual ebbe, e tra tanti negozi quanti a li gran signori occorrono, mai intromise il leggere, mai l’udir disputare, mai il confabulare de le lettere, mai lasciò la dottrina né lo studio; in modo che ancora ne li ultimi suoi anni, un vecchio gramatico che aveva, chiamato maestro Martino, mai volse che da sé partisse, anzi seco in ogni esercizio e stando e cavalcando (ancor nel mezzo de le occupazioni) lo menava, sempre di