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presentare la sua armata, stando con uno esercito di quindicimila persone in un loco chiamato Echia a un trar d’arco da Napoli, s’ingegnava trovare occasione di poterlo soccorrere, non essendo tra il campo suo e quel di Renato altro in mezzo che la via pubblica. Ne la quale ogni di fatto d’arme si facea, e chi volea mostrare la sua virtú potea; si come facea Pier Luigi Aurilia gentiluomo napolitano e maestro di casa di Renato, il quale ogni di assaltava li aragonesi e rompeva la sua lancia, et entrava e usciva a sua posta, per desteritá e virtú militare, di mano de li inimici: in modo che Alfonso, come generosissimo re e amico di virtú ancor ne li inimici, a suono di trombe fece pubblico bando per tutto il suo campo, che, sotto pena di perdere tutte due le mani, niuno ardisse tirare balestra o arco o schioppetto o altra artigliaria a la persona di Pier Luigi, ma la spada e la lancia sola contra di lui potesse valere, stimando iniquissima cosa che un vile uomo potesse a un si valoroso cavaliere, senza affrontarlo, solo col tirar da lunge, tórli la vita. In fine stati in quel modo molti di li dui campi, al numero di trentamila persone tra l’uno e l’altro, su le porte e mura di Napoli, né potendo Alfonso soccorrere il castello, si levò; e Ranaldo Sancio catalano fidelissimo e gagliardo castellano, vinto da la fame né avendo piú né lui né li suoi che mangiare e vestire, al fin rendette il castello a Renato: ove miserabil cosa fu vedere si fedel compagnia uscire del castello, tutti negri, sordidi, magri, lacerati, afflitti, come quelli a chi solo un poco di spirito era rimasto. Il fratei di Ranaldo, che ancor lui a simil condizione stava, rendette il Castel de l’Ovo; per la qual cosa insignorito al tutto di Napoli Renato, andò a Salerno e quello e quasi tutto il Principato con molte terre di Calabria recuperò, e poi a Napoli si ridusse. Essendo poi partite le navi genovesi che avevano portato Renato a Napoli e a l’assedio del castello si erano trovate, e il principe di Taranto (contra la fede data al patriarca) ritornato a la parte aragonese, rimaseno quasi del paro le forze de li dui re, atti piuttosto ad affliggere piú quel regno, che a recuperarlo: imperocché avendo ciascun di loro menato