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non potendo avere denari si parti e con salvo condotto del conte Francesco Sforza andò a trovare Braccio suo padrone. Iacopo Caldora, tenendo pratica col conte Francesco e dicendo se li fussino dati li denari del servito, i quali doveva avere dal re Alfonso, che lasciarla l’impresa, ebbe parecchi migliara di ducati, i quali li fece dare il duca Filippo; e fingendo avere inteso che lo Infante lo voleva far pigliare, se ne usci di Napoli con la compagnia e andò a le terre del stato suo. Per la qual cosa il conte Francesco da la parte di terra e Guido da la parte di mare entrorno in Napoli senza lesione alcuna di persona e per la regina Giovanna la tolseno nel detto anno 1424, del mese di gennaro. L’Infante si ridusse in Castel nuovo e Ursino in casa di un gentiluomo si nascose. Recuperato Napoli, girò l’armata tutto il reame e la Puglia, e a devozione de a regina, se alcuna cosa restava, ridusse. Il maggio sequente il conte Francesco Sforza e Micheletto e Iacopo Caldora di comandamento de la regina si andorno ad unire con il campo di papa Martino e de la Chiesa, che era in Abruzzo, nel quale era legato messer Francesco Pizzolpasso arcivescovo di Milano, ove erano Luigi Colonna e Luigi di San Severino; e tutti insieme andorono a trovar Braccio sotto l’Aquila, col quale erano Nicolò Picinino, Nicolò da Pisa, Pietro Giovanpaulo Ursino, Gattamelata, il conte Brandolino e molti altri nobili condottieri. A’ 2 di giugno appicciorno il fatto d’arme, il quale durò otto ore e in fine Braccio fu rotto, e spinto in fuga da la furia, fu ferito ne la nuca, per la qual ferita lasciò la briglia, onde cadde del cavallo e fu preso e sopra un targone portato ne l’alloggiamento del conte Francesco: ove senza mai voler tòr cibo o parlare, o per la natura e loco de la piaga ovver per sdegno che fusse e iracondia, il di sequente mori, l’anno cinquantesimo sesto di sua vita, e l’Aquila a la devozione de la regina Giovanna rimase. Il corpo di Braccio portato a Roma per comandamento del pontefice, come di ribelle et escomunicato, senza alcuna pompa di esequie fuora de la porta di San Lorenzo in loco non sacro fu seppellito, il quale poi molt’anni Nicolò Fortebraccio, figliuolo