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tello, e con lui messer Iacopo Caldora, Ursino de li Ursini e Berardino da la Garda, nel detto anno 1423 con l’armata fé’ vela a la volta di Spagna. E in questo andare passando innanzi a Marsilia, per vendicarsi del re Luigi a l’improvviso la assaltò, e combattuta la vinse e per forza la prese, e fatto ridurre salve in un tempio le donne, la mise in preda: de la quale però lui altro non volse, che ’l corpo di santo Lodovico di Angiò, figliuolo di Carlo II re di Napoli sopraddetto e vescovo di Tolosa, dicendo non essere degna cosa lasciare in una terra saccheggiata e bruciata si preziose reliquie. Le quali poi in Valenza con somma venerazione fece in amplissimo loco collocare, né volse, ancor che molti il suadessino, che de le gioie e denari, che molte avevano con sé le donne portate nel tempio, alcuna tolta ne fusse, ma insieme con le loro persone comandò sotto gravissime pene fussino inviolate.

Partito Alfonso di Italia, per quella estate altro non si fece. Al fine di ottobre poi Braccio, fatte alcune bastie intorno a l’Aquila e lasciatola in assedio, se n’andò a Civita di Chieti con intenzione di passare piú oltra. La regina Giovanna li mandò subito a l’incontra Sforza, e con lui il conte di San Severino e il conte di Sant’Angelo Ciurlo, e il prete P’ilingero e Talian Furiano con una squadra di Lorenzo da Cotignola, con commissione che per quanto poteva, cacciasse Braccio e vedesse di soccorrere l’Aquila. Sforza, entrato in Abruzzo, ridusse ad obedienza de la regina il Guasto, che teneva messer Iacopo Caldora soldato del re Alfonso, e Mondorisio e tutte le terre di lá dal Sanguine, e cosi insino a Natale andò recuperando tutti li lochi, de li quali Braccio si partiva, che si andava ritirando dinnanzi a Sforza e riducendosi a l’impresa de l’assedio de l’Aquila; si ridusse poi Sforza per pochi di a le stanze in Ortona, ove li furono numerati dodici mila ducati del duca Filippo di Milano per una nuova lega fatta tra lui e papa Martino e la regina Giovanna per una grande impresa si aveva a fare in Toscana, ne la quale Sforza era fatto capitano di dieci mila cavalli pagati a comune da li tre collegati.