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contestabile chiamato Graziano da Faenza; e mandò Marco e Foschino con li catalani prigioni a Benevento.

Lasciata poi la regina Giovanna in Aversa, Sforza tornò a campo a Napoli per soccorso di Capuana, e intendendo che dentro era tradimento, operò che salve le persone e le robbe Santo Parente rendette il castello ad Alfonso, e Graziano autore del tradimento fece ad un arbore impiccare; e allora ebbe Alfonso pieno dominio di Napoli. Si trattò poi il contraccambio de li prigioni, e Sforza per compiacere la regina diede dodici baroni catalani, i quali di taglia ariano pagato ottanta mila ducati, in cambio per la persona del gran siniscalco, il quale venne a ritrovare la regina ad Aversa. Li altri prigioni rimaseno a Benevento, di dove poi per opera di un Butillo da Orvieto castellano, dopo la morte di Sforza, fuggirono. E la regina per ristoro de li prigioni che Sforza li détte per la redenzione del suo gran siniscalco, li donò Trani e Barletta, facendoli solenni privilegi, benché per la morte di Sforza, che fu prossima, non ne potesse pigliar la possessione.

Finite queste pratiche, si operò per Sforza che la regina si contentasse che il re Luigi tornasse nel reame, che ancora era a Roma; e cosi fu fatto, e tornò ad Aversa, ove ricevuto con gran letizia e festa da la regina, con maturo consiglio di iuristi la regina solennemente privò il re Alfonso, per titolo di ingratitudine, de la figliazione e successione del regno, e per adottivo figliuolo si tolse il re Luigi con le condizioni di Alfonso, significando per lettere a tutti li potentati tutto l’ordine e la causa de la privazione e adozione predette. Intendendo queste cose il re Alfonso, mandò per Braccio, che era a campo a l’Aquila: il quale per non lasciare l’impresa, che li pareva vinta, trovò scusa per allora di non poterli andare. Avendo in questo mezzo avuto Alfonso avviso che don Enrico suo fratello era stato privato de le sue terre e posto in prigione da Giovanni re di Castiglia, deliberò andare in Ispagna per fare opera di liberarlo, come fece; il perché, lasciando a la guardia e governo di Napoli l’infante don Piero suo fra-