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che al principe Carlo si dovesse tagliar la testa, secondo aveva Carlo re suo padre giudicato il giovinetto Corradino. Per la qual cosa la regina Constanza mandò un venere la mattina a denunciare la morte al principe, con ricordarli che dovesse provvedere a l’anima, perché il corpo, a similitudine di Corradino, bisognava mandarlo a la morte. Il principe rispose queste parole: — Son contento portar questa morte con buon animo in pazienza, ricordandomi che anche il nostro Signore Iesú Cristo ebbe in simil di la sua morte e passione. — Intesa questa risposta la regina, donna religiosa e prudente, disse:—Se il principe per il rispetto di questo di con animo si paziente e mansueto vuol morire, e io ancora per rispetto di Colui che in questo giorno sostenne morte e passione, delibero averli misericordia. — E questo detto, comandò che fusse conservato senza farli dispiacere alcuno; e per satisfare al popolo che instava per la morte, li fece intendere che in una cosa di tanta importanza, de la quale ne porriano seguitar molti mali e scandali, non era da fare deliberazione alcuna senza saputa del re. Però comandò che ’l principe fusse mandato in Catalogna e li fusse lasciato ad arbitrio e iudicio del re Piero suo marito, e cosi fu fatto. La qual cosa non tanta laude a la savia donna aggiunge, quanta infamia al re Carlo, il quale seguitando lo appetito volse piú presto nel puerile e regai sangue incrudelire, che usando clemenza immortai gloria acquistare.

Fu Carlo, duca d’Angiò e primo di tal nome re di Napoli, uomo di persona grande e diritto, con viso rubicondo e naso grande e di feroce aspetto, animoso, severo e aspro nel punire, molto piú eccellente ne le cose militari che ne le civili e pacifiche; modesto in mangiare e bere e ne le cose veneree, quasi di vita religiosa; dormiva poco e parlava poco, ma faceva cose assai e operava piú che non diceva. Largo era a’ soldati e molto fermo ne le sue promesse, ma ambiziosissimo e cupido di stato e di denari, senza curare onde venissino, per espedire le sue imprese. Non si dilettò mai di buffoni né di volteggiatori e simil gente di corte, ma di soldati